In un’epoca dominata da algoritmi, notifiche e la costante pressione di “fare di più, più in fretta”, anche il modo di viaggiare sta cambiando.
Sempre più persone — soprattutto tra i giovani e le famiglie — stanno rifiutando il modello del viaggio iper-programmato, fatto di check-in lampo, selfie davanti ai monumenti e spostamenti frenetici.
Al suo posto, cresce la domanda di esperienze autentiche, radicate nel territorio e vissute con calma: il cuore del turismo lento.
Questo non è solo un cambio di stile, ma una vera e propria rivoluzione silenziosa nel modo di intendere il tempo libero, il rapporto con i luoghi e il benessere personale.
In questo articolo, vedremo perché il cityhopping, un tempo simbolo di viaggio “cool” e dinamico, sta perdendo terreno — e perché il turismo lento sta diventando la scelta preferita di chi vuole tornare a viaggiare con anima, senso e sostenibilità.
Il termine cityhopping deriva dall’inglese city (città) e hopping (saltare) e descrive la pratica di visitare più città in un unico viaggio, spesso in tempi molto ristretti — talvolta anche una città al giorno.
Nato negli anni 2000 con l’espansione dei voli low cost in Europa, il cityhopping è diventato virale grazie ai social media, dove itinerari come “5 capitali in 5 giorni” venivano celebrati come massima espressione di efficienza e avventura.
Questa tendenza ha risposto a un bisogno reale: viaggiare tanto spendendo poco, soprattutto per chi ha ferie limitate. Tuttavia, con il tempo, molti viaggiatori hanno iniziato a percepirne i limiti: superficialità delle esperienze, stress da logistica, sovraffollamento e un senso di vuoto post-viaggio (“Sono stato ovunque, ma non ricordo niente”).
Oggi, mentre il mondo cerca modi più consapevoli di vivere — dallo slow food alla digital detox — anche il viaggio sta tornando a una dimensione più umana. E il cityhopping, pur non scomparendo del tutto, sta cedendo il passo a un approccio più lento, profondo e rispettoso: il turismo lento.
Secondo un report del World Travel & Tourism Council (WTTC, 2023), il 69% dei viaggiatori globali dichiara di voler “viaggiare in modo più consapevole e meno frenetico” nei prossimi anni.
In Italia, una ricerca di Ipsos (2024) rivela che millennials e Generazione Z preferiscono trascorrere più giorni in un’unica destinazione piuttosto che spostarsi continuamente.
Il motivo? Una crescente consapevolezza degli effetti negativi del turismo accelerato: stress, superficialità delle esperienze, impatto ambientale e sovraffollamento.
Viaggiare non sempre rigenera. Anzi, quando diventa una corsa contro il tempo, può trasformarsi in una fonte di esaurimento psicofisico.
I viaggiatori che visitano più di tre destinazioni in una settimana riportano livelli significativamente più alti di ansia da prestazione e sindrome da mancata esperienza (FOMO). Questo fenomeno è particolarmente diffuso tra i giovani, che si sentono in dovere di “massimizzare” ogni viaggio per condividerlo sui social.
Inoltre, la fretta riduce la capacità di elaborare e memorizzare le esperienze. La neuroscienza ci insegna che il cervello ha bisogno di tempo e ripetizione per trasformare un’esperienza in un ricordo duraturo. Come scrive lo psicologo Daniel Kahneman, “un’esperienza vissuta in fretta è un’esperienza dimenticata in fretta”.
Il turismo lento, al contrario, favorisce la presenza mentale, la connessione con il luogo e la qualità delle interazioni — tutti elementi che aumentano il benessere soggettivo.
Il turismo lento non è solo una moda: è un approccio supportato da evidenze scientifiche.
Secondo la Teoria del Ripristino dell’Attenzione (ART), sviluppata da Kaplan & Kaplan (1989) e confermata da studi recenti (University of Exeter, 2021), trascorrere del tempo in ambienti naturali o in contesti a ritmo umano — come borghi rurali, cammini o agriturismi — riduce lo stress cognitivo e migliora la concentrazione.
Inoltre, il turismo lento genera:
In Italia, dove il 48,5% del territorio è classificato come “aree interne” (fonte: Istat), il turismo lento rappresenta anche un’opportunità di rigenerazione sociale ed economica per piccoli comuni e borghi a rischio spopolamento.
Immagina due weekend in Italia:
Il secondo scenario non solo è più rigenerante, ma anche più sostenibile e economicamente equo. E non richiede più tempo: basta cambiare mentalità.
Non devi diventare un eremita per abbracciare il turismo lento. Ecco alcuni passi pratici:
In Italia, esperienze slow sono accessibili ovunque: dai borghi Bandiera Arancione del Touring Club ai cammini spirituali come la Via Francigena, fino agli agriturismi biodinamici in Puglia o Trentino.
Contrariamente a quanto si pensi, il turismo lento non è meno “instagrammabile” — è solo diverso. Mentre il cityhopping produce contenuti simili (torri, ponti, piazze iconiche), il turismo lento genera storie uniche: un tramonto su un uliveto, le mani di un vasaio, il profumo del pane appena sfornato.
Secondo Later (2024), i contenuti che mostrano “autenticità”, “lentezza” e “connessione con la natura” hanno un tasso di engagement superiore del 32% rispetto ai classici “check-in turistici”.
Non necessariamente. Anche se alcune esperienze slow (es. retreat benessere) possono avere un costo più alto, molte alternative — come soggiornare in un agriturismo o camminare lungo un sentiero — sono economiche e spesso più vantaggiose a lungo termine (meno spostamenti = meno costi di trasporto).
Assolutamente sì. Significa semplicemente esplorare un quartiere alla volta, evitare gli itinerari turistici standard, privilegiare passeggiate a piedi, caffè con i locali e musei meno noti. Anche Roma, Milano o Napoli possono essere vissute in modo “slow”.
No. Può essere praticato anche in un weekend. La chiave non è la durata, ma la qualità del tempo trascorso. Meglio un giorno lento in un borgo che tre giorni frenetici in altrettante città.
Il turismo lento sta sostituendo il cityhopping perché offre esperienze più autentiche, sostenibili e rigeneranti. Supportato da dati scientifici e da una crescente domanda di viaggi consapevoli, rappresenta non solo una scelta personale, ma anche un’opportunità per valorizzare l’Italia più autentica — quella dei borghi, dei saperi antichi e dei ritmi naturali.
Se stai cercando un modo di viaggiare che ti lasci qualcosa dentro — e non solo sul feed — il turismo lento è la strada giusta.
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