Negli ultimi anni, il confine tra lavoro e vacanza si è fatto sempre più sottile.
Grazie allo smart working, alla digitalizzazione e a una crescente ricerca di equilibrio vita-lavoro, sempre più professionisti scelgono di lavorare da località turistiche — non per una fuga estemporanea, ma per un’esperienza intenzionale che unisce produttività e benessere.
Questa pratica si chiama workation, e quando viene vissuta con lentezza, consapevolezza e rispetto per il territorio, diventa workation slow.
A differenza della classica “vacanza lavorativa” frettolosa, la workation slow privilegia ritmi umani, connessioni autentiche con il luogo e un uso armonioso del tempo.
Non si tratta di rispondere alle email con vista mare mentre si brucia il cervello dallo stress, ma di integrare lavoro e paesaggio in modo rigenerante — per sé e per la comunità ospitante.
In questo articolo, esploreremo cos’è la workation slow, quali sono i benefici scientificamente dimostrati, come organizzarla al meglio e perché questa tendenza potrebbe cambiare il futuro del lavoro e del turismo.
La parola workation nasce dalla fusione di work (lavoro) e vacation (vacanza). Indica la pratica di lavorare da una destinazione turistica per un periodo prolungato — tipicamente da una settimana a un mese — mantenendo le proprie responsabilità professionali mentre si vive in un contesto diverso dal solito.
Tuttavia, non tutte le workation sono uguali. Molte persone cadono nella trappola di portarsi dietro lo stress dell’ufficio, lavorando ininterrottamente con la scusa della “connessione veloce” e trasformando la vacanza in un semplice cambio di scenario.
È qui che entra in gioco la workation slow: un approccio ispirato ai principi del slow living e del turismo lento, che mette al centro:
La workation non è più una nicchia. È un fenomeno in rapida crescita, alimentato dallo smart working permanente e dalla ricerca di maggiore flessibilità.
Secondo un report del 2025, quasi la metà dei lavoratori d’ufficio (46%) ha già fatto una workation nell’ultimo anno, sia all’estero che nel proprio paese.
Lo stesso studio evidenzia che il 35% delle persone dichiara che probabilmente farà una workation nel prossimo anno. Le destinazioni preferite includono natura, mare, città storiche e isole, con l’Italia tra i Paesi con maggior interesse (68% di interesse rispetto ad altri Paesi).
Ma ciò che distingue la tendenza italiana è la preferenza per destinazioni non urbane: borghi dell’entroterra, aree montane e zone rurali stanno diventando hotspot per chi cerca pace, connessione Wi-Fi affidabile e autenticità.
Sempre nei trend globali, la popolazione di nomadi digitali è in crescita costante, con aumenti annui di circa il 5% negli ultimi anni, riflettendo come la workation sia parte dell’evoluzione del lavoro ibrido e remoto.
Ad esempio, comuni come Matera, Castelluccio (Umbria) o Santo Stefano di Sessanio (Abruzzo) hanno lanciato programmi specifici per nomadi digitali, offrendo alloggi a lungo termine, coworking immersi nella natura e pacchetti esperienziali legati al territorio.
Lavorare da una località turistica, se fatto con intenzionalità, non è solo piacevole: è scientificamente benefico.
Ricerca della Harvard Business School (2022) indica che i lavoratori che adottano modelli ibridi di lavoro, conciliando giornate in ufficio e lavoro da remoto, mostrano incrementi di produttività compresi tra il 13 e il 15%. Lavorare da ambienti con accesso a spazi verdi e meno interruzioni contribuisce ad aumentare la concentrazione e l’efficienza.
Una revisione sistematica del 2018, che ha analizzato oltre 140 studi, ha concluso che l’esposizione a spazi verdi è associata a minori sintomi di ansia, depressione e stress percepito. Alcuni studi citati in questa revisione riportano miglioramenti del benessere psicologico nell’ordine del 20–30%, specialmente quando l’accesso alla natura è regolare e integrato nella vita quotidiana.
Cambiare ambiente — specialmente immergendosi in contesti naturali lontano da schermi e stimoli urbani — può sbloccare nuove connessioni mentali. Un celebre studio pubblicato su PLOS ONE ha mostrato che persone che hanno trascorso quattro giorni in natura, senza utilizzare smartphone o dispositivi elettronici, hanno ottenuto punteggi del 50% più alti in un test standardizzato di pensiero creativo.
La workation slow, quindi, non è un lusso: è uno strumento di performance e cura personale.
L’Italia offre un terreno ideale per la workation slow, ma va praticata con responsabilità. Il rischio, infatti, è replicare gli errori dell’overtourism: affitti brevi che svuotano i centri storici, consumo eccessivo di risorse, mancanza di coinvolgimento con la comunità locale.
Ecco alcuni principi per una workation slow etica e rigenerativa:
Spesso si confonde la workation slow con il nomadismo digitale, ma ci sono differenze cruciali.
Il nomadismo digitale è generalmente orientato alla mobilità continua, con spostamenti frequenti da una destinazione all’altra, spesso guidati da esigenze di costo, connettività o nuove esperienze, talvolta a scapito del radicamento e della profondità relazionale.
La workation slow, al contrario, nasce da un approccio intenzionale e consapevole: si tratta di soggiorni più lunghi e immersivi in un unico luogo, dove il lavoro si fonde con il ritmo della comunità locale.
L’obiettivo non è solo lavorare da remoto, ma rigenerarsi, costruire connessioni autentiche e rispettare i tempi e i valori del territorio che ci ospita.
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Workation slow
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Nomadismo digitale |
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Durata: 2-8 settimane
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Durata: giorni o poche settimane
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Obiettivo: rigenerazione + lavoro
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Obiettivo: libertà + esplorazione
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Approccio: radicamento temporaneo
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Approccio: transitorietà continua
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Impatto: positivo e consapevole
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Impatto: spesso neutro o negativo
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La workation slow non è fuga: è presenza consapevole. Non si tratta di collezionare destinazioni, ma di abitare un luogo, anche se solo per un mese.
La workation è semplicemente lavorare da una destinazione turistica. La workation slow aggiunge intenzionalità, lentezza, rispetto per il territorio e focus sul benessere personale e collettivo.
No. Sempre più aziende italiane ed europee offrono policy di “work from anywhere” per periodi limitati. Basta accordarsi con il datore di lavoro e garantire connettività e disponibilità.
Assolutamente sì — anzi, è preferibile! La bassa stagione riduce l’impatto turistico, abbassa i costi e permette un’esperienza più autentica, spesso con maggiore disponibilità da parte degli abitanti a condividere storie e saperi.
La workation slow è un modello di lavoro remoto che unisce produttività, benessere e rispetto per il territorio, permettendo di lavorare da località turistiche con ritmi umani e impatto positivo.
Rappresenta una risposta concreta alla crisi di senso del lavoro contemporaneo — e un’opportunità per rivitalizzare le aree interne del Paese.
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